domenica 15 aprile 2012

STORIA E CARATTERISTICHE TECNICHE DEL KARATE SHOTOKAN RYU KASE HA






Storia
Il Karate shotokan ryu Kase ha è un particolare metodo di karate elaborato dal M° Taiji Kase
dopo 55 anni di intenso studio. Cercheremo di ricostruire dal punto di vista cronologico le varie fasi
che hanno portato il M° Kase a creare questa variante della scuola shotokan.
Il M° Kase nasce in Giappone il 9 febbraio del 1929, inizia la pratica
del karate nel 1944 presso lo Shotokan Dojo sotto la direzione dei
M° Egami, Hironishi, Hayashi, Uemura e Okuyama all’epoca i
migliori assistenti del M° Yoshitaka Funakoshi e suoi collaboratori
nella codificazione di questo rivoluzionario stile nato proprio in
quegli anni. Saltuariamente lo stesso M° Y. Funakoshi teneva le
lezioni al corso principianti, corso al quale partecipava lo stesso M°
Kase allora sedicenne. La seconda guerra mondiale portò come
conseguenza l’interruzione dei corsi e la distruzione del dojo a causa
dei bombardamenti ricevuti. L’evento più grave di quegli anni per la
sorte del neonato stile shotokan fu comunque la morte (avvenuta
sembra nella primavera del 1945 ) del M° Y. Funakoshi, fatto che
cambiò per sempre la storia e l’evoluzione del karate; possiamo
senz’altro affermare che questa disciplina avrebbe avuto storia ed
evoluzione sostanzialmente diversi se il M° Y. Funakoshi fosse
rimasto in vita.
Yoshitaka Funakoshi (fonte: dalla rete)
Comunque sia nel 1949, a guerra conclusa, nacque la Japan Karate Association fondata da Isao Obata e alla direzione tecnica della quale fu messo Masatoshi Nakayama, un allievo della prima ora del Maestro Gichin Funakoshi, che a causa di un lungo soggiorno in Cina, non aveva partecipato agli enormi cambiamenti apportati dal 1937 al 1944 dal
M°Yoshitaka, cambiamenti che avevano separato definitivamente il nuovo stile dall’arte praticata ad Okinawa. La JKA aveva come scopo la
trasformazione del karate da arte marziale in sport (sulla falsariga di quello che era avvenuto con il judo e il kendo diversi anni prima ) e la sua diffusione su scala mondiale, cosa che riuscì solo nel 1957, alla morte dell’anziano M° Gichin Funakoshi (padre di Yoshitaka) che in vita si era sempre opposto, come il figlio del resto, allo sviluppo agonistico della sua disciplina. I Maestri Egami ed Hironishi, primi assistenti del M° Yoshitaka, non aderirono a questa federazione ritenendo il karate proposto da quest’ultima eccessivamente commerciale e distante dai principi tecnici e spirituali elaborati dal loro Maestro allo shotokan dojo.


Nell’ottobre del 1957, pochi mesi dopo la scomparsa di G. Funakoshi, si tenne il primo campionato giapponese di karate vinto nella specialità kumite dal M° Kanazawa. Per inciso, il M° Kase in quell’occasione tenne una dimostrazione di kumite con il M° Nishiyama e a detta del M° Shoji
Sugiyama ( per anni nostro maestro di aikijujutsu ) presente alla manifestazione, il M° Kase esprimeva già una potenza tremenda.
Il M° Kase in un primo momento aderì alla JKA e diventò man mano il responsabile dei corsi istruttori, nel 1964 fu inviato prima in Sudafrica poi in Europa insieme ad altri maestri (suoi allievi nei corsi istruttori che teneva alla JKA), i M° Enoeda, Shirai, Kanazawa per una serie di esibizioni
e per diffondere nel nostro continente la via della mano vuota.

Il M° Kase si trasferì definitivamente in Francia nel 1967 (dopo una breve parentesi in Belgio) e lì aprì il suo dojo. Da quel momento si allontanò sempre più dalla JKA e dal suo modo di praticare sia per l’eccessiva deriva agonistica intrapresa dalla federazione sia per il fatto che egli considerava il karate JKA un ottimo metodo, ma pur sempre un metodo per principianti, che andava bene al massimo fino al raggiungimento della cintura nera 1° Dan.
Integrò quindi gli insegnamenti ricevuti allo shotokan dojo con lo studio di altre discipline, il kendo,
l’aikido (ricordiamo che il Maestro era 3° Dan di judo già dal 1944), testi riguardanti i metodi di
allenamento degli antichi samurai, libri di shintoismo, taoismo e di astrologia, al fine di trovare
punti di contatto e di comparazione con il karate.


Le conclusioni di questo percorso fatto di assidui studi e allenamenti furono presentate durante uno stage tenuto nel principato di Andorra il 26 luglio 2000, da quel momento il M° disse testualmente
di voler mettere a disposizione degli allievi le conclusioni sul karate, cui lui era pervenuto dopo 55 anni di pratica. Disse anche che alcune cose del karate le aveva capite, altre le aveva solo intuite e che ci sarebbe voluto un altro po’ di tempo per dissipare alcuni dubbi che gli erano rimasti. Gli stages che il M° terrà da quel momento fino alla sua scomparsa, saranno tutti incentrati sulla spiegazione dei principi e delle tecniche di questa sua creatura, il karate shotokan ryu kase ha
(letteralmente karate scuola shotokan metodo Kase).



Differenze con karate shotokan “tradizionale”
Cercheremo ora di evidenziare alcune particolarità di questo metodo e di metterne in risalto le differenze con il karate shotokan cosiddetto tradizionale (termine fuorviante, di recente creazione e
che niente ha a che fare con la tradizione – quale “tradizione” poi? Si puo’ davvero definire “tradizionale” una disciplina che ha poco più di 50 anni? ) meglio detto karate JKA.

1) Le tecniche usate nel karate shotokan solitamente hanno un percorso molto lungo, che serve a rinforzare gli arti e ad accumulare velocità e potenza; queste prendono il nome di o waza (grande tecnica). Proprio l’eccessiva lunghezza del tragitto le rende inutilizzabili in un combattimento a corta distanza (proibito nel karate sportivo, dove si utilizzano distanze medio-lunghe, e tipico invece in caso di aggressione), nel metodo del M° Kase si passa con il tempo all’uso di tecniche
intermedie che prendono il nome di chudan waza, e in un momento successivo a tecniche a corto
raggio, i cosidetti ko waza (piccola tecnica) che partono da un punto molto vicino al bersaglio.

2) Lo shotokan codificato negli anni 40 aveva sviluppato prevalentemente tecniche a mano chiusa e tralasciato quelle a mano aperta. Il M° Kase recuperò queste ultime elaborando tecniche a mano aperta molto efficaci sia in difesa che in attacco con traiettorie difficili da intercettare.

3) il M° ha introdotto nelle difese il concetto, preso dalla spada giapponese, di “atobaya” letteralmente “continuare”, ovvero continuare l’azione dopo il contatto in modo da aumentare il potere contundente della tecnica, il relativo shock e quasi sempre il relativo squilibrio (kuzushi) dell’avversario.
Taiji Kase (Fonte: dalla rete)

4) le tecniche di calcio elaborate dal karate in origine erano molto semplici; il M° Kase diede loro un’altra dimensione e dinamicità; introdusse le rotazioni per il calcio all’indietro (ushiro geri) elaborò il calcio circolare contrario (ura mawashi geri) e il calcio circolare opposto (gyaku mawashi geri) e infine il calcio circolare all’indietro con rotazione di 360 gradi (kaiten ushiro mawashi gheri); tolse dai kata gli yoko gheri keage (calcio laterale verso l’alto, tradotto spesso erroneamente come “calcio laterale frustato”) in quanto privo di efficacia in un vero combattimento, per utilizzare solamente lo yoko geri kekomi (calcio laterale di sfondamento, spesso erroneamente tradotto come ”calcio laterale spinto”).

5) il metodo classico utilizzato dalla JKA prevede quasi esclusivamente l’uso alternato delle due braccia,questo sistema prende il nome di seite waza (mani che si alternano). Il M° Kase, per la creazione del suo metodo, prese spunto dal famoso samurai del XVI sec. Myamoto Musashi, creatore della scuola di spada ”Hyoho niten ichi ryu”. Questo rivoluzionario stile di kenjutsu prevedeva l’uso di due sciabole (katana e wakizashi) al posto di una permettendo a Musashi di parare e contrattaccare con molta più rapidità, eliminando i tempi morti e moltiplicando le tecniche a disposizione. Tradotto nel karate si ha la possibilità di difendere e attaccare con lo stesso arto più volte, raddoppiando o triplicando le tecniche (il M° Kase soleva ripetere che è come avere quattro o sei braccia) riducendo gli intervalli di tempo tra una tecnica e l’altra, proprio quello che succede utilizzando due spade. Questo modo di usare gli arti prende il nome di hente waza (stessa mano).

6) dopo numerosi studi (e discussioni con suo padre ) il M° Yoshitaka Funakoshi aveva concluso che la posizione di guardia chiamata zenkutsu dachi (guardia con il ginocchio anteriore flesso) era inutilizzabile in uno scontro reale perché non consentiva alte velocità di esecuzione delle tecniche e la necessaria stabilità per portare attacchi multipli. Elaborò quindi una nuova postura chiamata fudo dachi “posizione inamovibile” usata per secoli nelle antiche scuole di Kenjutsu. L’utilizzo alternato di questa postura con la sua variante corta (chiamata hanmi dachi ”mezza guardia”) consente di muoversi con rapidità e stabilità al tempo stesso, il M° Kase in linea con gli insegnamenti di Yoshitaka faceva usare queste due guardie nei kihon e nel kumite, molto efficaci in difesa come in attacco. Per inciso alla morte del M° Yoshitaka, la JKA decise di abbandonare ( oltre al resto) l’uso del fudo dachi e di reintrodurre lo zenkutsudachi, che è diventata la guardia “ufficiale” di pressoché tutto lo shotokan mondiale, in barba alle indicazioni del Maestro.

7) nello shotokan originale del M°
Yoshitaka non veniva utilizzata la
rotazione dell’anca, metodo comparso
verso gli anni ‘60 lento e macchinoso,
che non consente ai colpi (per
impossibilità biomeccanica) di
penetrare il bersaglio e che espone tutti
i propri punti vulnerabili all’avversario
nel momento in cui l’anca è chiusa ed
il tronco frontale (il M° Egami diceva
che Yoshitaka non faceva uso della
rotazione dell’anca per tirare tsuki, ma
che i suoi pugni erano terrificanti e la
prima volta che chiesi al M° Kase se
dovevo continuare ad usare la
rotazione si mise a ridere, mi battè
affettuosamente una mano sulla spalla
facendo di no con l’altra mano, come
per dire”per carità!”). Con l’utilizzo di
fudo dachi non c’è necessità di ruotare
le anche e l’energia viene trasmessa in
altro modo, tra l’altro con la rotazione
non sarebbe possibile l’esecuzione
degli “ hente waza”, venendo meno
così uno dei punti salienti del karate
del M° Taiji Kase.





8)IL M° Kase raccomandava il costante uso, durante l’esecuzione di tutte le tecniche, della
respirazione addominale-verticale, (che spiegava con dovizia di particolari) che sviluppa
enormemente il tandem che è la vera fonte della qualità ricercata da tutti i praticanti di karate, il
“KIME” ( l’estrema decisione, massima energia fisica e mentale centralizzata, spiegata per anni, per
ignoranza o malafede, con la contrazione muscolare che ha esattamente l’effetto opposto,per quanti
anni ci dicevano “più kime “e noi aumentavamo la contrazione muscolare! )
Molte altre sono le cose che il M° Kase ci ha insegnato e che se raccontate aumenterebbero il solco
che divide questo metodo rispetto al karate shotokan praticato oggigiorno, ma riteniamo giusto
spiegarle solamente ai nostri allievi, come premio per il notevole impegno psico-fisico che viene
loro richiesto durante la pratica di questo stile.

Conclusioni
Dopo la breve (e volutamente incompleta) disamina tecnica di questo metodo vorremmo concludere
con una serie di considerazioni personali, convinzioni maturate dopo 28 anni di pratica assidua di
karate e di altre discipline facenti parte del Budo Giapponese.
Il Budo è incompatibile con lo sport,questo è ormai assodato ed era stato capito e scritto da tutti i
grandi Maestri del passato;sono due cose inconciliabili, possono coesistere ma viaggiando come
due parallele che non si incontreranno mai,la pratica di una esclude l’altra. Il karate shotokan ha
subito dalla sua nascita numerosi cambiamenti e altri ne subirà negli anni a venire; fin qui nulla di
strano, nulla è cristallizzato per sempre e tutto si evolve (lo shotokan stesso è un evoluzione del
karate di Okinawa). Tutti i grandi Maestri hanno dato la loro personale interpretazione al sistema
originale, non sempre con motivazioni e risultati logici, ma tant’è. Il M° Kase ha creato un proprio
metodo, frutto della sua “forma mentis”e delle proprie convinzioni maturate durante 55 anni di
studio: è un metodo che può apparire discutibile ed anacronistico, ma è comunque un metodo
compiuto che per essere assimilato ha bisogno di uno studio continuo ed approfondito.


Sono certamente migliaia i praticanti di karate nel mondo che hanno partecipato agli stages con il
M° Kase; nessuno, noi compresi, può dire di avere l’esclusiva, ma certamente ognuno da quegli
incontri è tornato nel proprio dojo con nuovi dubbi e nuove conoscenze. Non è solamente (anche se
aiuta) il numero di volte che si è frequentato un maestro che ci rende suoi allievi, ma la pratica
assidua , una volta ritornati nel nostro dojo, di ciò che abbiamo appreso durante quegli incontri.
Quello che ci vuole è anche e soprattutto il coraggio di una scelta di campo chiara; se ci si ispira al

M° Kase, se ci si vanta nell’aver partecipato ai suoi stages o addirittura si usa il suo nome per
chiamare il dojo nel quale si insegna, se davvero si è così legati alla tradizione come si va ripetendo
in ogni occasione, allora si abbia il coraggio di abbandonare la pratica agonistica, si smetta di
praticare il goshin do (difesa personale) come se fosse cosa altra dal karate (così ammettendo
implicitamente che il karate così come viene insegnato non è sufficiente a difendersi da una
eventuale aggressione ), si smetta di ricercare un inutile estetismo nella pratica dei kata (argomento
che sarà oggetto di un secondo scritto) si tornino a studiare soluzioni combattive credibili invece di perdere ore ed ore nella pratica di assurdi e peraltro recentissimi bunkai slegati completamente dalla realtà. In definitiva si lasci tutto quello che ha fatto diventare il karate una disciplina ad appannaggio di bambini, zie, nonne, fatta di innumerevoli campionati, specialità di gara create ex novo, “trofei topolino” e quant’altro, disciplina ormai considerata zimbello fra i metodi da combattimento (chiedete che opinione hanno di noi i pugili,i praticanti di tai boxe o quelli di
judo..per rimanere nel budo Giapponese) che dovrebbe togliere per dignità almeno l’attributo “marziale” per entrare a pieno diritto nelle “arti figurative”,oramai adatta a tutti…e quindi utile a
nessuno.

2 commenti:

  1. Finalmente qualkuno a capito , ke a difendersi non si è tanto bravi , bè dalla media e lunga distanza un karateka , si sa difendere benissimo , ma dalla corta distanza è molto scarso , poi se pensiamo di combattere a terra , anke se non è prevista questa cosa , siamo fuori , a differenza del judo e Ju jitsu , ke prevede è molto completo , ed è 1 buona autodifesa , il karate ha sicuramente buoni principi , ma deve dare tanto ancora , il brutto è ke ormai , è tutto sportivo , le vere arti marziali sono quasi scomparse .. tutto questo è detto da un karateka .. Osu

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    1. Infatti il maestro kase ha introdotto le sue modifiche,per renderlo efficace.Cmq mi raccomando il voto,perfavore

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